Streaming: discografici e piattaforme depongono le armi. Gli accordi che segnano la svolta

5 ottobre 2022

La forte affermazione dello streaming musicale a livello globale, con una crescita di oltre il 24% nel 2021 si riflette anche sull’intera filiera musicale, compresi autori ed editori. Peraltro, proprio di recente, negli USA, le principali organizzazioni rappresentanti autori ed editori hanno vinto una decisiva battaglia legale sulle tariffe di streaming per gli anni 2018-22.

Nelle scorse settimane la National Music Publishers’ Association, la Nashville Songwriters Association International e la Digital Media Association, che rappresenta le piattaforme digitali, hanno quindi annunciato il raggiungimento di un accordo per alcune tariffe di streaming negli Stati Uniti per gli anni 2023-2027 che portano la percentuale degli editori e autori al 15,35%.

Lo streaming fa bene alla musica e ai consumatori: l’Antitrust UK fa luce sul mercato

L’annuncio è stato anche una vera sorpresa, poiché l’NMPA spingeva per una royalty del 20% me è probabile che siano state fatte concessioni da entrambe le parti, più che altro legate ad altri modelli di business quali le tariffe di abbonamento scontate per i piani familiari e studenteschi e i minimi di compenso per abbonato.

L’accordo evita una lunga battaglia legale, quale quella che ha coinvolto le parti nel passato, durata più di tre anni e costata molti milioni di dollari in spese legali.

L’incremento delle royalty degli autori e editori in realtà è stato più elevato rispetto a quella delle case discografiche. Secondo Will Page l’economista e autore del libro “Tarzan Economics” dal 2001, autori ed editori hanno aumentato la loro quota di entrate in streaming di oltre il 50 percento.

Gli effetti positivi dello streaming su autori ed editori

Di recente, l’antitrust britannico, ha dimostrato che la quota dei ricavi destinati agli editori (quota editoriale) è aumentata dall’8% nel 2007 a circa il 12% nel 2012, crescendo poi in modo incrementale. Scrive l’antitrust nel report presentato a luglio: “La nostra analisi mostra che nel 2021 la quota di entrate da streaming pagate per l’editoria è ora del 15%. Quindi dal 2007 questa quota editoriale sembra essere quasi raddoppiata”. (Fonte: CMA Market Study – Update Paper, Exec Summary).

Gli effetti positivi dello streaming su autori e editori sono anch’essi stati evidenziati nel report di CMA: “Similmente a quanto accaduto agli artisti, il numero di cantautori è cresciuto negli ultimi tempi. Secondo un rapporto commissionato dall’IPO, i dati PRS mostrano molti più cantautori che ottengono un reddito rispetto a prima, passando da 36.170 nel 2009 a 62.505 nel 2019 (un aumento del 73%).” (Fonte: CMA Market Study – Update Paper)

Anche in Italia, SIAE, che nel frattempo si è svincolata dagli accordi centralizzati con le piattaforme, ha portato a casa un accordo con Spotify sensibilmente migliorativo, con una crescita del 25% al netto degli effetti del mercato che significa una crescita effettiva di oltre il 40%.

Si chiude l’era dei conflitti

L’accordo siglato negli USA è ovviamente di rilievo in quanto copre il primo mercato mondiale che nel primo semestre del 2022 è cresciuto del 9% e che ha ora oltre novanta milioni di abbonati paganti alle piattaforme contro i 43 milioni del 2018.

Anche se non sono state fornite specifiche, il nuovo accordo americano include diverse modifiche ad altre componenti della tariffa, riportate da Variety: “tra cui aumenti dei minimi per abbonato e i calcoli “Total Content Costs (TCC)” che riflettono le tariffe che i servizi pagano alle etichette discografiche. L’accordo modernizza anche il trattamento dei “pacchetti” di prodotti o servizi che includono lo streaming musicale e aggiorna come i servizi possono offrire incentivi per attirare nuovi abbonati”.

Come è noto gli editori USA avevano ottenuto una grande successo a luglio, quando il Copyright Royalty Board aveva confermato la decisione del 2018 di portare la royalty al 15,1% dal precedente 11,4% per il periodo che andava dal 2018-22, nonostante la forte lobby dei servizi di streaming contro questa decisione.

L’annuncio delle ultime settimane sembra pertanto chiudere l’era dei conflitti favorendo un ulteriore sviluppo del settore a beneficio anche degli editori indipendenti e degli autori.

Come ha affermato di recente Sir Lucian Grainge, CEO di Universal Music, in un incontro organizzato da Goldman Sachs: “Non è questione di gioco a somma zero o rapporti di forza: discografia e streaming sono soci in affari”, ha osservato Grainge: “Siamo di fondamentale importanza gli uni per gli altri. I consumatori – io, voi, noi tutti – non vogliamo né un abbonamento che ti permetta di ascoltare solo rumore né, per ascoltare musica, un’app della quale nessuno ha mai sentito parlare. A me, personalmente, piace lavorare coi DSP. Gli attriti ci sono sempre stati, con tutti. Del resto, succede, nella vita”.

Universal non è solo la principale major discografica ma anche editoriale e questa frase racchiude molti dei concetti sui quali di fonda lo sviluppo del mercato musicale per i prossimi anni. Le opportunità sono in forte espansione e l’intera filiera non potrà che beneficiare dall’aumento degli abbonati, dalla crescita dei ricavi della monetizzazione e da nuovi modelli di business che coinvolgeranno i contenuti musicali.

Un accordo positivo anche per le piattaforme

Anche per le piattaforme l’accordo raggiunto con gli editori è giudicato molto positivamente. Garrett Levin, Presidente e CEO di DiMA, ha dichiarato: “Questo accordo rappresenta l’impegno dei servizi di streaming a portare le migliori esperienze musicali ai fan e far crescere l’ecosistema dello streaming a beneficio di tutte le parti interessate, compresa la base creativa del songwriting.

Per i servizi di streaming, questo momento rappresenta l’opportunità di perseguire nuove collaborazioni con editori e autori nel contesto della certezza economica che sosterrà l’innovazione continua. Forse più di ogni altra cosa, questo accordo dimostra il potenziale per il progresso del settore quando le parti si presentano al tavolo per discussioni in buona fede”.

Conclusioni

In conclusione, vale la pena, ai fini di valutare le prospettive future, di rileggere ancora una volta quanto evidenziato nel rapporto di CMA (Competition and Market Authority) in UK: “lo streaming ha ridotto le barriere all’ingresso per gli artisti, in particolare gli artisti nuovi o emergenti. Ora è possibile per le persone effettuare una registrazione del suono di buona qualità utilizzando strumenti di registrazione online facilmente disponibili e convenienti. I nuovi artisti possono anche caricare la loro musica direttamente sui social media o sulle piattaforme di distribuzione di massa a costo zero o a basso costo. Più in generale, i social media hanno consentito agli artisti di commercializzarsi direttamente in modo molto più proattivo e di sviluppare più facilmente un seguito di fan. Di conseguenza, l’industria ha assistito a un’esplosione nel numero di artisti che fanno musica e nel volume della musica messa a disposizione (con circa 60.000 brani caricati a livello globale al giorno solo su Spotify).